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Siamo a fine gennaio e come ogni fine gennaio arriva il Giorno della Memoria.
Siccome, lo dimostrano anche alcuni post che ho scritto nei giorni scorsi, sembra che la memoria, qui da queste parti, molte persone ce l’abbiano veramente corta, consiglio un paio di letture trovate qui e là.

Il futuro di chi ha memoria di Leonardo

La pallottola di Giulia

Postilla numero uno: in realtà le letture non sono trovate qui e là casualmente, ma trattasi di due blog che consiglio a tutti di seguire.
Postilla numero due: sono fermamente convinto che in molti casi non si tratti di memoria corta ma di vera e propria ignoranza, sia nel senso etimologico del termine che in quello più comune. Molte persone non conoscono i fatti e la storia, vuoi perchè non gli è stata insegnata e vuoi perchè evidentemente non l’hanno ritenuto interessante. Altre persone, invece, e molti politici tra queste, sono ignoranti proprio nel senso che di materia cerebrale, in quei crani, ce n’è veramente poca.

Questo articolo, che occuperà per il mese di dicembre lo spazio solitamente dedicato al “Disco del mese”, è dedicato a tutti coloro che ritengono che il lavoro del recensore, nel duemilasette, sia come il lavoro del commercialista di Berlusconi, cioè una farsa.
Dico questo, con una punta d’ironia, perchè credo che parlare di dischi al giorno d’oggi sia difficile e molte volte più che passione si tratta di una qualche forma di masochismo. Si, intendo proprio dire che la stragrande maggioranza dei dischi che escono al giorno d’oggi fa schifo. Letteralmente schifo.
È colpa dell’Industria Musicale e del suo indotto aka le tv musicali, le riviste musicali e praticamente ogni cosa che rientri nel giro del music business se ogni giorno abbiamo una “next big thing”. Prendiamo i Klaxons. I Klaxons sono un gruppo di imbecilli che dal vivo non sanno suonare le cose che hanno registrato o scritto (o che qualcuno ha fatto per loro) e che da un anno circa sono in vetta alle classifiche inglesi, ci martellano su MTV. Com’è possibile? La critica si divide tra detrattori ed adoratori. I ragazzini iniziano a vestirsi con delle improponibili magliette fluorescenti e centinaia di band-cloni spuntano all’orizzone come i tripodi de “La guerra dei mondi”. I video diventano tutti uguali.
Sta accadendo alla musica ciò che è accaduto alla televisione italiana diversi anni fa. Svuotata di contenuti è divenuta un sottofondo per le massaie e un rimbambitore per gli adolescenti.
Ecco perchè a dicembre ho deciso di fare il mio personalissimo sciopero del “Disco del mese”. E avrei potuto farlo anche per molti dei mesi precedenti. In realtà i bei dischi escono ancora. Eccome se escono! Solo che la maggior parte della gente non lo sa. Chi ha un minimo di cognizione di causa saprà che in Italia ci sono i Settlefish piuttosto che Le Luci Della Centrale Elettrica. Per tutti gli altri il gruppo dell’anno saranno i miei quasi compaesani Lost, pop-emo band che galoppa sull’onda lunga dei Finley: grotteschi come la copia di Venezia che sta a Las Vegas.
Ora non vorrei che questo ragionamento venisse scambiato per snobismo o per una sorta di “si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio”, anzi. Ben venga il digitale che permette a tutti di registrare un album a prezzi contenuti. Ben vengano i myspace che permettono alle band di promuoversi e organizzarsi i concerti. Il problema è il senso del limite che si sposta sempre un po’ più in là del dovuto. Si bada alla forma più che al contenuto. Siamo partiti dai Take That e dalle Britney Spears, e forse ben prima, per finire a scimmiottare generi e sottoculture della musica rock che prima ci appartenevano ed ora di punto in bianco le vediamo banalizzate e infiocchettate accanto a veline sculettanti. Permettete che mi girino i maroni.
La cura a questo cancro musicale esiste e si chiama “Darwinismo musicale”. Una teoria dell’evoluzione al contrario. Se ti sei bellamente rotto i coglioni delle band di incapaci che popolano i palchi della tua città e infestano i tuoi profili myspace, non andare ai loro concerti, non fare l’ipocrita e far loro i complimenti, non comperare i loro dischi e le loro magliette. Non andare a sentire quel sensazionale quanto mai-sentito-prima gruppo che sta infiammando da due settimane tutti i locali più in di Londra e del quale non sentirai mai più parlare in futuro. Non credere a chi ti parla di “nuovo rinascimento musicale”. Chiudi il rubinetto monetario alle case discografiche e tutto questo in un battibaleno finirà. Buon duemilaotto a tutti, anche a quelli che ho poc’anzi coperto di insulti.

Loro avevano capito tutto.

So che quando l’amico vi propone di andare alla discoteca e voi, in mancanza di migliori alternative dovute alla vostra scarsa permeabilità ai rapporti interpersonali, accettate, la prima cosa che direte sarà: – Si ok, però vengo con la mia macchina che forse poi devo tornare prima oppure, metti che cucco, la porto a fare un giro! So benissimo che l’automobile è una gran comodità, qui nella provincia dell’impero.
La mancanza di mezzi di trasporto pubblici è una piaga. L’arretratezza del sistema italiano è veramente ridicola. Per andare da un paesotto all’altro con l’autobus mi ci potrebbero volere anche due ore. Prendo l’auto e in un quarto d’ora sono a destinazione.
Però dai, i week end, quando uscite in compagnia prendete l’auto a turno. Non occorre arrivare al concerto o al bar con sedici macchine diverse. Non è mica che poi a mezzanotte escono le strappone con le hot pants, si mettono in mezzo alla carreggiata e danno il via col fazzolettino a furiose gare all’ultima sgasata. E anche se fosse, son cose da tamarri! Lasciate perdere!
Insomma, molti lo praticano senza saperlo, molti altri lo fanno di proposito. Per quelli che non ne conoscono l’esistenza ecco, leggete qui.
Esistono organizzazioni e portali che mettono in comunicazione diversi utenti (si dice utente, di una persona che partecipa al car pooling?, nda). Vai a Milano al concerto? Bene! Magari c’è qualcuno che fa la tua stessa strada! Dividete la benza e l’autostrada ed è fatta! Magari è pure gnocca e single! Si sa mai nella vita eh!

 

Non sono i Radiohead ad essere orfani delle major, bensì le cazzo di major ad essere orfane dei Radiohead.
Non è una questione di fanatismo, da parte mia, quanto più un guardare la realtà delle cose con una prospettiva concreta ed attuale.
I Radiohead sono, obiettivamente,  una delle più grandi band al mondo; negli anni hanno conquistato una propria statura ed una propria integrità artistica che ora, scaduto il contratto con la EMI, li mette nella posizione di decidere nella più totale libertà, come distribuire e vendere la propria musica e i propri prodotti. “E le etichette tremano”.

Io:- Certo che sposarsi e poi andare a puttane è un po’ come comperarsi la mercedes e andarci in collina!

Loro:- …

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